La giovane artista vicentina, Michela Gioachin, è una pittrice con vocazione. Era una bambina quando giocava con la matita creando disegni sempre più precisi che la porteranno a scegliere una formazione artistica partendo dall’Istituto Boscardini in Vicenza fino a giungere all’Accademia delle Belle Arti in Venezia.
Il suo stile nasce da un errore, per uno scatto fotografico sbagliato, la sua anima si illumina. Quella foto dove gli occhi del soggetto risultarono sovrapposti, aperti e chiusi contemporaneamente, il glitch nel termine tecnico da cui questa arte prende vita, capisce di aver trovato il suo stile, l’errore diventa la sua forza e la sua espressione artistica. Dipinge sfiorando i limiti del suo sentire dando vita a tre periodi distinti. Il primo esprime uno stato emotivo non ancora definito, le paure e insicurezze si posano su tele in bianco e nero, per transitare in una terra neutrale dove l’artista posa i primi colori sfumati, delicati tenui quasi percepiti, fino a giungere alla maturità artistica che rispecchia il suo animo nobile, il suo forte temperamento e la sua unicità. Fa pace con il colore dopo un evento provocato da una commessa che riceve dalla città di Vicenza in occasione dei 100 anni, dipinge la famosa Rua, simbolo della città palladiana.
Il suo specchio sono i ritratti delle donne, un linguaggio pittorico che emerge dall’inconscio dopo l’osservazione degli occhi dai quali scaturisce la personalità che sarà svelata sulla tela. Si rifà al Rinascimento dove le proporzioni e l’armonia dominano il cuore degli artisti del tempo, in particolare Michelangelo che osserva con complicità devozionale.
Studia Gerhard Richter e Chuck Close per assonanza nei ritratti perfetti o immagini slittate. Non ultimo Giovanni Boldini, per la raffinatezza dei suoi ritratti con quel movimento che imprime ai corpi attraverso le pennellate veloci.
La sua non è immagine illusoria, piuttosto una fotografia iperrealista con l’errore che si trasforma in perfezione.
Alcune opere