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Cristina Gargano

Cristina Gargano

nasce il 15 settembre 1985 a Pordenone, Friuli Venezia Giulia. Le sue origini sono anche del Sud, infatti è lucana da parte di padre.

Fino all’età di 19 anni vive nella città natale Aviano, ma la sua irrequietezza e la sua curiosità la portano a lasciare casa e a intraprendere un viaggio intorno al mondo durato quasi 10 anni.

Tutto quello che possiede è una valigia e il suo compagno Renzo, un peluche gigante.

Da Honolulu a New York, da Palma di Maiorca a Sydney respira culture diverse e può ammirare l’arte proveniente da tutto il mondo.

I suoi occhi assimilano forme nuove e si distaccano dall’arte che conosceva in Italia.

All’età di 26 anni, appena rientrata dall’Australia, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano dove nel 2014 si laurea con il massimo dei voti e la lode, portando a termine una tesi sperimentale sulla simbologia nel mondo dell’arte, intitolandola “Lascaux 3000”.

Nel periodo milanese ha la possibilità di incontrare molti artisti, giovanissimi e non, che l’aiutano a comprendere l’importanza delle nuove tecnologie dell’arte, partecipa a mostre collettive e a vari eventi artistici.

Nel 2015 rientra nel paese natale, dove continua a organizzare mostre ed eventi artistici per la comunità.

Cristina, in arte KK, per gli amici Kiki e per altri Stella produce opere coinvolgenti, con un segno forte e distintivo.

I suoi principali soggetti sono donne immaginarie che vivono la loro femminilità con audacia e determinazione anche davanti alla sofferenza di un mondo che toglie loro il tempo per essere madri e donne come nelle opere in bianco e nero intitolate “Donne Appese”.

L’altro simbolo distintivo della sua arte è la produzione degli “Omini Molli” figure antropomorfe con ali in testa e senza scheletro, che come i polipi possono adattarsi a qualsiasi forma, figure mistiche che sopravvivono meglio al cambiamento.

In una società individualista ed egoista, ricercano nuove idee per ritrovare un equilibrio dimenticato tra tradizione e innovazione  come ad esempio nell’opera intitolata “Vittoria XVII”.